mercoledì 17 aprile 2013

SEMPLICE, COMPLICATO E COMPLESSO; PROBLEMA SEMANTICO E DI METODO





Riprendiamo il filo del discorso lasciato aperto in un post precedente (la parabola evolutiva della conoscenza).
Iniziamo a disegnare il paradigma della “complessità” dalla prospettiva linguistico-semantica.
Nell’uso quotidiano della lingua, per descrivere particolari concetti, utilizziamo sinonimi che, in quel particolare contesto, tali non sono.
Accade spesso!
Così succede anche per i termini “complicato” e “complesso”. Si finisce per parlare di cose complesse quando sono complicate o peggio si cominciamo a mischiare i metodi e gli approcci.
Un sistema è semplice o complicato quando è possibile conoscere e comprendere tutte le componenti e le relazioni intercorrenti; un sistema è complesso semplicemente quando tutto ciò non è ancora possibile. In un sistema complicato possiamo esercitare il controllo con ragionevole certezza, in un sistema complesso NO!
Elimino subito sul nascere un possibile dualismo tra complesso e complicato. Essendo il modello di osservazione costruito dall’uomo, quello che oggi ci appare un oggetto complesso domani potrebbe non esserlo più. Il linguaggio fisico-matematico, di oggi, ci permette di descrivere fenomeni dei quali, una volta, parlare sarebbe stato impossibile.
Allo stesso tempo per sistemi così complessi come l’uomo o anche piccoli gruppi di persone, è inconcepibile, al momento, una matematica ed una logica capace di descriverli completamente.
Tutto questo vuol dire che il livello di complessità è una qualità dell’osservatore piuttosto che dell’osservato. Pertanto esiste un continuum dentro e tra sistemi complicati e complessi.
Una interessante prospettiva, per comprendere la differenza tra complicato e complesso, ci è fornita dall’analisi etimologica dei due termini: complicato deriva dal latino cum plicum, dove plicum indica la piega di un foglio, mentre complesso deriva cum plexum, dove plexum indica il  nodo.
Questo ci introduce all’analisi della differenza che esiste nel trattare problemi complessi o complicati.
Di fronte ad un problema “complicato” la soluzione va trovata con un approccio analitico che trovi tra le “pieghe” ed i “fogli” la soluzione. Mentre la soluzione ad un problema “complesso” è nell’intricato intreccio generato dai “nodi” ovvero le relazioni intercorrenti tra gli elementi.
La differenza concettuale tra complicato e complesso sta proprio in questo: tra le pagine e pieghe di un libro, per quanto arduo e faticoso, si può sempre trovare il filo logico che tiene il tutto; mentre nei problemi, nelle strutture e nei sistemi a rete il tutto esprime proprietà e significati diversi da quelli dei fili che lo compongono.
Prendiamo a prestito l’esempio del tessuto: se ne scomponiamo l’ordito nei suoi “fili o componenti elementari, perveniamo ad un gruppo di fili che comunque analizzati nella loro somma non consentono più di rappresentare il sistema originale, cioè il tessuto”( De Toni A.F., Comello L., Prede e ragni, 2005, pag. 14).
Rispetto ai nostri antenati del Neolitico il patrimonio genetico è rimasto praticamente inalterato, ma molto è cambiato tutto attorno. “Siamo di solito troppo occupati nella celebrazione dell’intelligenza della nostra specie e di quali meraviglie essa ha prodotto per focalizzare l’attenzione sulle limitazioni della nostra mente”(Giancotti F., Shaharabani Y., The relevant warriors, Leadership and Agility in Complex Enviroments, The Industrial College of Armed Forces, National Defence University, Fort McNair, Washington D.C., AY 2005-2006). Così non ci accorgiamo che il metodo che ci ha consegnato la grandezza tra gli esseri viventi non è, da solo, più adeguato. Ancora oggi, indipendentemente dalla situazione in cui ci troviamo, usiamo dividere il problema nelle sue parti elementari (approccio top down) per poi analizzarne e ricostruirne le relazioni, arrivando al sistema originale (approccio bottom up).
In questo processo cerchiamo di capire quali siano i punti dove intervenire e come intervenire, al fine di influenzarne il comportamento secondo le nostre aspettative. L’evoluzione della nostra specie non ha preparato la mente per i sistemi e gli ambienti complessi. L’approccio riduzionista, analitico non va più bene; a meno che si voglia rinunciare ad una parte/aspetto del problema definendo solo una soluzione parziale. “Bisogna rinunciare a capire ... il fenomeno nelle sue pieghe o fili e concentrarsi nella comprensione dell’intero sistema, considerato nel suo insieme”. Nelle organizzazioni i problemi complicati vanno affrontati e risolti secondo un approccio analitico, mentre quelli complessi secondo un approccio network oriented; entrambi gli approcci devono coesistere nella struttura, nelle procedure e nella filosofia manageriale (Giancotti F., op. cit.).
 


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