Quattro opzioni possibili ?
Più passa il tempo più la crisi si avvita su se stessa.
Forse è un bene!
Possibile!
Lo sarebbe sicuramete senza la
carneficina sociale a cui assistiamo.
L’alternativa
sarebbe una più lenta ed impercettibile agonia camuffata da riforme strutturali
“necessarie”!
Necessarie a chi? Come insegna bene il Prof. Bagnai non andremmo
comunque da nessuna parte.
È altamente improbabile che l’Europa possa resistere per
lungo tempo, rimanendo a metà strada, come lo è ora.
A questo punto, come in parte confermerebbe anche lo
studio della Fondazione tedesca Friedrich-Ebert, si prefigurano quattro scenari
possibili.
Primo scenario: realizzazione dei prerequisiti per essere una AVO.
L’accelerazione dell’integrazione europea senza la realizzazione
di tutti i requisiti per essere una AVO, non può funzionare.
Su questi, irrinunciabili contenuti, il dibattito politico
è lontano anni luce da trovare punti di convergenza.
Comunque in questo momento, vista la gravità della crisi,
il fattore tempo è cruciale e non si possono realizzare riforme strutturali che
presupporrebbero decenni (pure qualche cosa di più!!!!). Pertanto questo scenario,
“scolastico”, è di fatto il meno probabile.
Si noti bene che il più Europa fiscale e politica, di cui
si parla tanto oggi, non centra nulla con i prerequisiti per essere una AVO (vds
goofynomics). Pertanto le riforme di cui parla la Germania, camuffata da Bruxelles,
sono un’altra cosa. In quel caso saremmo nel secondo scenario.
Secondo
scenario: prosecuzione dell'inazione politica.
Inazione politica uguale prosecuzione delle attuali politiche di austerità.
Queste politiche, dettate dal “karma” del
controllo del deficit, sarebbero mitigate da pacchetti di aiuto condizionati alla
preventiva realizzazione delle cosiddette “riforme strutturali”. Ovvero quella del mercato del lavoro (con
maggiore flessibilità in uscita) e drastico dimagrimento della struttura
pubblica.
Questa soluzione, associata alla delega di
sovranità fiscale e politica, porterebbe nella periferia ad un aumento
vertiginoso della disoccupazione, con conseguente generale e progressivo impoverimento.
All'interno del continente europeo potrebbero
emergere forti flussi migratori dalla periferia (Italia e Spagna in testa) verso il centro
(Germania in testa). Fenomeno che si inizia ad intravedere!
Anche questa situazione mi pare difficilmente
sostenibile dai Paesi del sud, perché le tensioni, già in "incubazione",
finirebbero per esplodere ed evolvere in modo incontrollato.
Terzo
scenario: creazione di una Europa a due velocità
I paesi del centro, quelli che fino ad ora hanno resistito meglio alla
crisi, inizierebbero a porre a livello politico il problema di creare una
Europa a due velocità.
Germania e paesi satelliti si
integrerebbero ulteriormente, ma senza lasciare l’UEM.
Emergerebbe, nei fatti, una ancor
più evidente spaccatura Nord-Sud, con un nucleo di paesi ricchi (Nord), pronti a
portare a termine sia l'unione fiscale che quella politica e una periferia (Sud) con sempre
meno prospettive di ripresa economica, perché legata al vincolo monetario.
In questo scenario, le differenze, in
termini di benessere, fra centro e periferia diventerebbero fonte costante di tensione politica.
Agli occhi della periferia, la situazione potrebbe apparire non-democratica, poiché le decisioni fondamentali verrebbero prese solo dal “centro”, pur impattando
sull'intera UE. Gli stati della
periferia sarebbero di fatto dominati da un “centro” a egemonia tedesca.
La crisi politica dei paesi della periferia si
aggraverebbe ricadendo nel quarto scenario.
Quarto scenario:
la disintegrazione dell'Eurozona e della UE.
Se la crisi della Politica dovesse aggravarsi con una
contemporanea, permanente, situazione di stallo decisionale ed economico, potrebbe essere inevitabile fare i conti con la dissoluzione totale della Eurozona.
Intorno
alla Germania, resisterebbe un blocco di paesi centrali, mantenendo la
moneta comune, mentre i paesi in crisi del sud tornerebbero a valute nazionali (vale anche il contrario ovvero uscita della Germania dall'Euro).
Se non è troppo tardi, questo porterebbe l’orologio della
unificazione al 1992. Dando l’opportunità al continente di ricucire gli strappi
e ripartire lungo la strada dell’integrazione dei popoli nel rispetto
della loro diversità.
Se il ritorno alle monete nazionali arriva troppo tardi, la
coesione dell'UE sarebbe progressivamente erosa da rivendicazioni
protezionistiche che metterebbero in discussione il commercio estero. Le
ostilità fra le regioni europee, fra nord e sud, potrebbero subire una forte
escalation, riprendendo i vecchi stereotipi nazionali. In questo scenario la
disintegrazione dell'EU sarebbe inevitabile.
Come sottolinea uno studio della Fondazione tedesca Friedrich-Ebert,
la disintegrazione potrebbe avvenire secondo il modello Sovietico oppure quello
Jugoslavo; ovvero uno scioglimento pacifico, o alternativamente una guerra.
In
questo contesto, lo studio ipotizza una sorta di “sindrome da Mezzogiorno”: cioè
le zone più ricche, di alcuni Paesi periferici, potrebbero sganciarsi (Catalogna
e Nord Italia).
Se ciò si verificasse, Berlino avrebbe massimizzato il
ritorno economico e politico del collasso dell'UE.